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LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE
(THE FISHER KING)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 settembre 1991
 
di Terry Gilliam, con Jeff Bridges, Robin Williams, Amanda Plummer (Stati Uniti, 1991)
"Sono finiti gli anni Ottanta, quelli dello yuppismo, dell'egoismo, dello spreco, della smania di ricchezza. Il prossimo decennio si esprimerà attraverso il bisogno di fratellanza, di amore, di ricerca di assoluto. "Sante parole. Terry Gilliam, genio (per certe sue straordinarie invenzioni formali nel notevole BRAZIL, nel BARONE DI MUNCHAUSEN, oltre che in tutto il suo lavoro precedente con i Monty Python britannici) e sregolatezza (per via dei suoi meno straordinari successi al botteghino) dev'essersi ricordato d'aver detto che BRAZIL rappresentava l'incontro di Kafka con Frank Capra. Exit Kafka, vista la congiuntura che ci ritroviamo, niente sembra preferibile a Capra: "Io sono convinto che sempre di più la gente senta il bisogno di rompere la prigione dell'egoismo, di fare qualcosa per gli altri: il gesto gratuito che non chiede riconoscenza né ricompensa, ma che ti fa uscire dalla solitudine, dalla paura, dai sensi di colpa."

Sarà insomma per queste più che encomiabili intenzioni o perché, più prosaicamente, il tonfo del costosissimo BARONE deve averlo costretto a voli meno pindarici, fatto sta che per illustrarle il nostro ex enfant terribile si è deciso per la prima volta a girare qualcosa scritta da un altro. Un apologo, non proprio evidentissimo, dove vediamo Jeff Bridges, brillante quanto cinico conduttore di un popolarissimo show radiofonico, involontario istigatore di un omicidio. A trarlo dagli abissi dei suoi dovuti complessi di colpa, ecco Robin Williams (specialista in ruoli fantastico-umanistico-transformistici, sommamente celebrati dall'ATTIMO FUGGENTE) che per caso è il marito della vittima della strage provocata dall'arrogante presentatore (cosa un po' complicata da spiegare). Meglio limitarsi a dire che l'ex-professore medievalista, ora barbone Williams vanta doti di cuore e di fantasia tali da far rinascere a novelli ideali il cinico, ora depresso Jeff Bridges. E da convincerlo, in una New York di fiaba tutta popolata da draghi, castelli e cavalieri alla ricerca del Graal, di aiutarlo a recuperare la mitica coppa col sangue del Cristo. Oltre che, già che si trova in circolazione, il cuore di una biondina slavata, che le fantasie del nostro hanno immancabilmente innalzato a vette di vertiginosa irraggiungibilità.

Questo RE PESCATORE è allora, lo avrete capito, un film sufficientemente insolito da permettere a Gilliam di sfoderare le sue abituali folgorazioni figurative: le tradizionali tubature sgocciolanti inquietudini, uno straordinario grattacielo per rinchiuderci il Graal in atmosfere wellesiane da CITIZIEN KANE e, soprattutto, un ballo immenso e languoroso nel celebre atrio della stazione centrale di New York. E sufficientemente comico-poetico-romantico da permettere agli attori di trasmettere in santa pace il messaggio di cui sopra: il vero Graal non è ormai più la solita coppa formato bocciofila. Piuttosto il recupero, in questo mondo nel quale pochi milionari incrociano tanti barboni, di quei valori di amicizia, comprensione e via dicendo che difettano ovunque.

Sufficientemente approssimativo, IL RE PESCATORE lo è però anche per relativizzare tutte le sue buone intenzioni, in un contenitore nel quale tutto è di troppo: la voglia di strafare dei brillantissimi autori, le carte da giocare (il fantastico e la commedia), il numero dei protagonisti (l'eccessivo Williams ed il soffocato Bridges, per non parlare delle donne che sono anche attrici capaci ed ambiziose). Tra Capra e Kafka insomma, è dalle parti del luna park che il grande Gilliam si ritrova."


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